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Il pieno ed il vuoto energetico

Ciò che normalmente pone problemi durante un trattamento sono i blocchi (disfunzione osteopatica) “in vuoto” di energia, rispetto a quelli “in pieno”, in cui l’energia non manca ma, al contrario, è in eccesso - e si tratta del 60-70% dei casi. Nel restante 30-40% dei casi non si ha sufficiente energia. Bisognerà quindi trovare cosa impedisce la sua circolazione (che può essere lo stile di vita, oppure i blocchi corporei stessi) e liberarla affinché si possa ricostituire. I pazienti “in vuoto” di energia sono i più complessi da trattare. Consapevoli di questo, la scelta della tecnica diventa fondamentale.

Esistono tipi di energia che si rinnovano nell’organismo grazie al riposo, all’alimentazione, all'acqua, all’ossigeno che si respira. A questi va aggiunta la luce, che per l’organismo è una delle fonti di “energia rinnovabile”. Si sa ad oggi che le persone che vivono ai poli vanno incontro a depressioni proprio per la mancanza di luce.  

Se non ci prendiamo cura di fare “un buon rifornimento” di queste “energie rinnovabili”, facendo attenzione a ciò che mangiamo, a come respiriamo e al riposo che ci dedichiamo (o più globalmente al nostro stile di vita), si andrà ad intaccare più velocemente la riserva di energia “genetica”.

Abbiamo tutti una riserva di energia detta genetica che è differente per ciascuno di noi. E questa diversità è dovuta al lignaggio, all’asse ereditario. A questa riserva non è possibile aggiungere nulla.. e una volta che si è esaurita, si passa ad altra vita.

Per tale ragione questa riserva di energia “limitata” va fatta durare il più a lungo possibile, riservando tempo e attenzione alla qualità di ciò che si mangia, ma anche a “come” si mangia (in fretta, in piedi, nel caos .. o nel piacere e nella calma??); a come si respira; a quanto e come si dorme… Se non si dedica tempo a prendersi cura di sé e a fare in modo che le proprie energie siano sempre “cariche”, si brucia rapidamente “l’energia genetica” e così il nostro tempo di vita sarà più breve. Per questo è importante esserne consapevoli e conservarla.

È dunque importante riconoscere lo stato energetico del paziente per poter scegliere la tecnica adeguata. E’ importante sapere se il pz ha un blocco in troppo pieno o in troppo vuoto. Perché le tecniche strutturali saranno ottime quando il blocco è in troppo pieno di energia, ma se il paziente è in vuoto, la tecnica strutturale va a disperdere “del vuoto”. E questo non fa bene al paziente. Si aggrava la situazione.

Esempio del palloncino da gonfiare.  

Quando voglio gonfiare un palloncino, soffio aria dentro e ne modifico il volume. Più il palloncino è gonfio, più è grande e duro. Potrò continuare a pompare aria all’interno fino al momento in cui non sarà più possibile pomparne altra, perché ci sarà un blocco, e quindi dovrò usare un altro sistema per continuare a immettere aria in questa struttura, fino al suo punto di resistenza. Arrivati a questo limite, o il palloncino è più forte di me e io non riesco più a pompare, oppure è meno forte di me e scoppia.

Se il palloncino è più forte di me e non si lascia più gonfiare, significherà che la struttura è “iper- piena” (stato di flessione della struttura). Si crea un blocco in pieno. E’ talmente pieno che l’energia nel palloncino non circola più, è bloccata. Paziente in stato di pieno.

Nel caso di “palloncino vuoto”, si parte da una situazione in cui non c’è dentro aria. La struttura è detta “in stato di estensione” E’ retratta e non c’è movimento all’interno: manca energia o è bloccata in profondità nei tessuti. Paziente in stato di vuoto.

Nel caso del “pieno” può essere sufficiente disperdere un po’ di energia, e in questo senso la tecnica strutturale aiuta a disperdere dell’energia e, poiché è il sistema è “in pieno”, riprende a funzionare da solo.

Nel caso di un paziente “in vuoto”, non si può disperdere l’energia, perché essa manca. Sarà necessario quindi trovare dove può essere recuperata a livello corporeo e utilizzare tecniche che le permettano di liberarsi, di riemergere, in maniera che la struttura possa progressivamente “riempirsi” di nuovo.

Il lavoro sul pieno può limitarsi ad un livello locale, mentre il lavoro sul vuoto non può restare locale e occorre comprendere cosa accade nella globalità. Bisogna cioè comprendere come ciascun organo o struttura interferisce con quelle vicine o distanti, per capire quale possa essere, a monte, la causa di una situazione di vuoto.

Nei pazienti in “stato di vuoto” bisognerà trovare ciò che blocca la circolazione dell’energia, tanto nello stile di vita della persona, quanto nei blocchi veri e propri della struttura, e sarà necessario liberare questa energia affinché la struttura si possa rigenerare. Se i pazienti in vuoto non vengono trattati con la tecnica giusta, o non succede nulla, o, peggio, si aggravano.

Personalmente, tanto nel caso di situazioni “in pieno” che “in vuoto”, preferisco sempre utilizzare tecniche che aiutino l’energia a circolare, riattivando un circuito, o più circuiti, in maniera che l’energia riprenda a defluire nel circuito aperto, e possa così rigenerare le strutture corporee in deficit. Anna Tarozzi DO.

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